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La Storia Del Santo Rosario

 La Storia

Sembra che la consuetudine di recitare sequenze di preghiere o invocazioni sia di origine shivaita (indiana ). Questo modo di pregare, diffuso dall’induismo al buddismo e in seguito al mondo islamico (i novantanove nomi di Allah vengono invocati servendosi di apposite catenelle con novantanove nodi) sarebbe stato fatto conoscere agli occidentali e adattato alla preghiera cristiana, dai crociati.

In realtà l’abitudine di tenere il conto delle preghiere è molto più antico.Fin dai tempi dei padri del deserto nei sec.III e IV esistevano stringhe e cordicelle che venivano usate soprattutto per contare i Padre nostro e che venivano appunto chiamate Paternoster.. Catenelle simili sono appartenute a Geltrude, figlia di Pipino 1° di Francia, morta nel 659 e a Lady Godiva di Coventry, morta nel 1041. Sant’Agnese di Montepulciano aveva un contapreghiere fatto da chicchi tenuti insieme da un filo e santa Caterina si serviva di una cordicella con i nodi.

L’uso della recita del Padre Nostro ebbe inizio ai tempi degli apostoli, mentre la prima parte dell’Ave Maria, composta dal saluto dell’angelo e dalle parole di Santa Elisabetta (Lc.1,28-42 ), veniva già usata nel terzo secolo. Il primo concilio di Efeso, nel 431, condannando l’errore di Nestorio, stabilì che Maria venisse invocata col titolo di Santa Madre di Dio, da allora entrò nell’uso corrente la seconda parte della preghiera: la Santa Maria.

La tradizione attribuisce a San Domenico il modo particolare di recitare 15 Padre nostro e 150 Ave Maria, in realtà questa pratica fu il frutto della convergenza di antiche devozioni: i salteri di Pater e Ave Maria. Questi “salteri” venivano recitati dai monaci e dai fratelli consacrati che non sapevano leggere i salmi prescritti e li sostituivano con semplici preghiere e con le meditazioni dei “misteri”, o “clausolae” cioè eventi della vita di Gesù. Il nome di “corona del rosario” deriva dalla consuetudine di incoronare con rose la statua della Madonna nei giorni di festa e sostituì gradualmente quello di “salterio”di Maria.

San Domenico ne fu il principale diffusore e perfezionatore e l’ordine domenicano divenne la culla di questa devozione.

Il Beato Alano di Rupe (o della Roche), nel suo libro “De dignitate psalterii”, racconta che fu la Vergine Maria stessa a sollecitare San Domenico alla recita e alla diffusione del Rosario.

Domenico si era ritirato in solitudine per pregare e far penitenza, sconsolato perché la sua predicazione contro le eresie degli Albigesi non produceva alcun frutto.

Maria, commossa dalle lacrime del suo devoto figlio gli si mostrò e gli offrì l’arma contro il potere del demonio: la corona del rosario. “..E’ un omaggio che gradisco immensamente e mi piace ancora di più se vi unite la meditazione della vita, della passione e della gloria di Gesù Cristo, perché tale meditazione è l’anima di questa preghiera. Non solo perché i devoti adorino e glorifichino Nostro Signore, ma soprattutto perché regolino la loro vita sulle opere e virtù di Lui.”

Alano narra anche che nel 1200 San Domenico venne catturato con il suo compagno Bernardo sulle coste della Spagna, vicino a San Giacomo e messo ai remi della nave. Un giorno scoppiò una terribile tempesta. Stavano per naufragare, ma il Santo esortò i suoi carcerieri a far penitenza e a implorare Gesù e Maria. La leggenda continua dicendo la Vergine si commosse, fece cessare la tempesta e i pirati si convertirono.

San Domenico predicò con tanto vigore la recita del rosario che questa preghiera divenne popolarissima, inoltre ispirò ai suoi frati un eccezionale fervore nel recitare l’Ave Maria.

Si racconta che Fra’ Romeo di Livia, vissuto nel 1200 e forse uno dei suoi primi discepoli, era devotissimo alla Madonna e morì stringendo la cordicella con la quale era solito contare le mille Ave Maria che recitava ogni giorno.

Poi il Rosario passò di moda e fu il beato Alano, nel 1400, a ripristinarne l’uso, su “ordine” di Gesù stesso, che in un’apparizione gli comandava di predicare questa devozione. E sulla potenza di questa preghiera a Maria le testimonianze sarebbero tantissime.Una per tutte la troviamo nella bolla di Papa Gregorio XIII° in cui si attribuiva all’intercessione delle confraternite del rosario la vittoria dei cristiani nel golfo di Lepanto sulla flotta turca la prima domenica di ottobre del 1571.

Queste “confraternite” sorsero e si diffusero in gran numero, soprattutto su sollecitazione dei frati predicatori. I devoti si impegnavano a recitare ogni giorno le 150 Ave Maria e i 15 Paternoster prescritti e a meditare i “misteri” che erano stati ridotti progressivamente a 15 e che corrispondono a quelli ancora in uso.

Dice Sant’Agostino: La carità della Vergine sorpassa tutto l’amore naturale di tutti gli uomini e di tutti i santi.

Con la stessa fiducia il 16 ottobre, nel 24° anniversario del suo pontificato, Giovanni Paolo II ha voluto consacrare quest’anno al Rosario proponendone, sono le sue parole, la riscoperta della profondità mistica e integrandolo con i Misteri della Luce da meditare il giovedì.

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 La Storia

Sembra che la consuetudine di recitare sequenze di preghiere o invocazioni sia di origine shivaita (indiana ). Questo modo di pregare, diffuso dall’induismo al buddismo e in seguito al mondo islamico (i novantanove nomi di Allah vengono invocati servendosi di apposite catenelle con novantanove nodi) sarebbe stato fatto conoscere agli occidentali e adattato alla preghiera cristiana, dai crociati.

In realtà l’abitudine di tenere il conto delle preghiere è molto più antico.Fin dai tempi dei padri del deserto nei sec.III e IV esistevano stringhe e cordicelle che venivano usate soprattutto per contare i Padre nostro e che venivano appunto chiamate Paternoster.. Catenelle simili sono appartenute a Geltrude, figlia di Pipino 1° di Francia, morta nel 659 e a Lady Godiva di Coventry, morta nel 1041. Sant’Agnese di Montepulciano aveva un contapreghiere fatto da chicchi tenuti insieme da un filo e santa Caterina si serviva di una cordicella con i nodi.

L’uso della recita del Padre Nostro ebbe inizio ai tempi degli apostoli, mentre la prima parte dell’Ave Maria, composta dal saluto dell’angelo e dalle parole di Santa Elisabetta (Lc.1,28-42 ), veniva già usata nel terzo secolo. Il primo concilio di Efeso, nel 431, condannando l’errore di Nestorio, stabilì che Maria venisse invocata col titolo di Santa Madre di Dio, da allora entrò nell’uso corrente la seconda parte della preghiera: la Santa Maria.

La tradizione attribuisce a San Domenico il modo particolare di recitare 15 Padre nostro e 150 Ave Maria, in realtà questa pratica fu il frutto della convergenza di antiche devozioni: i salteri di Pater e Ave Maria. Questi “salteri” venivano recitati dai monaci e dai fratelli consacrati che non sapevano leggere i salmi prescritti e li sostituivano con semplici preghiere e con le meditazioni dei “misteri”, o “clausolae” cioè eventi della vita di Gesù. Il nome di “corona del rosario” deriva dalla consuetudine di incoronare con rose la statua della Madonna nei giorni di festa e sostituì gradualmente quello di “salterio”di Maria.

San Domenico ne fu il principale diffusore e perfezionatore e l’ordine domenicano divenne la culla di questa devozione.

Il Beato Alano di Rupe (o della Roche), nel suo libro “De dignitate psalterii”, racconta che fu la Vergine Maria stessa a sollecitare San Domenico alla recita e alla diffusione del Rosario.

Domenico si era ritirato in solitudine per pregare e far penitenza, sconsolato perché la sua predicazione contro le eresie degli Albigesi non produceva alcun frutto.

Maria, commossa dalle lacrime del suo devoto figlio gli si mostrò e gli offrì l’arma contro il potere del demonio: la corona del rosario. “..E’ un omaggio che gradisco immensamente e mi piace ancora di più se vi unite la meditazione della vita, della passione e della gloria di Gesù Cristo, perché tale meditazione è l’anima di questa preghiera. Non solo perché i devoti adorino e glorifichino Nostro Signore, ma soprattutto perché regolino la loro vita sulle opere e virtù di Lui.”

Alano narra anche che nel 1200 San Domenico venne catturato con il suo compagno Bernardo sulle coste della Spagna, vicino a San Giacomo e messo ai remi della nave. Un giorno scoppiò una terribile tempesta. Stavano per naufragare, ma il Santo esortò i suoi carcerieri a far penitenza e a implorare Gesù e Maria. La leggenda continua dicendo la Vergine si commosse, fece cessare la tempesta e i pirati si convertirono.

San Domenico predicò con tanto vigore la recita del rosario che questa preghiera divenne popolarissima, inoltre ispirò ai suoi frati un eccezionale fervore nel recitare l’Ave Maria.

Si racconta che Fra’ Romeo di Livia, vissuto nel 1200 e forse uno dei suoi primi discepoli, era devotissimo alla Madonna e morì stringendo la cordicella con la quale era solito contare le mille Ave Maria che recitava ogni giorno.

Poi il Rosario passò di moda e fu il beato Alano, nel 1400, a ripristinarne l’uso, su “ordine” di Gesù stesso, che in un’apparizione gli comandava di predicare questa devozione. E sulla potenza di questa preghiera a Maria le testimonianze sarebbero tantissime.Una per tutte la troviamo nella bolla di Papa Gregorio XIII° in cui si attribuiva all’intercessione delle confraternite del rosario la vittoria dei cristiani nel golfo di Lepanto sulla flotta turca la prima domenica di ottobre del 1571.

Queste “confraternite” sorsero e si diffusero in gran numero, soprattutto su sollecitazione dei frati predicatori. I devoti si impegnavano a recitare ogni giorno le 150 Ave Maria e i 15 Paternoster prescritti e a meditare i “misteri” che erano stati ridotti progressivamente a 15 e che corrispondono a quelli ancora in uso.

Dice Sant’Agostino: La carità della Vergine sorpassa tutto l’amore naturale di tutti gli uomini e di tutti i santi.

Con la stessa fiducia il 16 ottobre, nel 24° anniversario del suo pontificato, Giovanni Paolo II ha voluto consacrare quest’anno al Rosario proponendone, sono le sue parole, la riscoperta della profondità mistica e integrandolo con i Misteri della Luce da meditare il giovedì.

Continua

 

I misteri della Luce:

1° Il Battesimo nel Giordano

2° Le nozze di Cana

3° L’annuncio del Regno di Dio

4° La trasfigurazione

5° L’istituzione dell’Eucarestia.


Dice Sant’Eugenio De Mazenod: E’ moralmente impossibile che un’anima possa fare qualche progresso nel cammino della perfezione se manca di una tenera e sincera devozione per la Santissima Madre di Dio. (p.18 Vol: Inizi dell’Apostolato)

“Baderò a recitare il rosario ogni giorno, ma occupando il tempo che trascorro per strada nel recarmi da un posto all’altro, cominciando già al mattino di ritorno dalla messa.” (p.48)

In unione con Maria Immacolata, serva fedele del Signore, sotto la guida dello Spirito, approfondiranno la loro intimità con Cristo. Con Lei contempleranno i misteri del Verbo incarnato, specialmente con la preghiera del Rosario (C.36)

“Io ho imparato ad apprezzare e a vivere il Rosario al Laos, dove, durante i lunghi spostamenti a piedi era la sola preghiera possibile. Lo ho apprezzato anche trovando forme simili di preghiera tra gli altri credenti. Il nostro rosario infatti non ha solo somiglianze metodiche con le altre tradizioni religiose, ma la stessa corona deriva da un oggetto simile hindù, diventato poi buddista e assunto dai musulmani. Il rosario può considerarsi quindi un simbolo e un mezzo di unità con gli uomini che cercano Dio.

Con la preghiera ripetitiva del Padre Nostro e dell’Ave Maria siamo invitati a meditare i misteri della vita di Cristo con lo sguardo e il cuore di Maria. Può diventare anche per noi una preghiera di contemplazione e di comunione. Pregando con Maria e partecipando ai suoi atteggiamenti nei confronti dei misteri di Cristo, è facile aprire i nostri cuori sui bisogni dell’umanità, della Chiesa, della Congregazione. Nei miei lunghi viaggi per visitare gli Oblati mi capita spesso di recitare il Rosario con il Provinciale o con un altro Oblato che mi pilotano. Dopo tale preghiera spesso faccio l’esperienza che il mio sguardo sugli uomini e sulle situazioni diventa più sereno. Il Rosario che è la preghiera dei poveri ci aiuta ad essere semplici ed accoglienti, come Maria. (p.Marcello Zago – Sulle Orme di Sant’Eugenio pag.26 e 27)

Nella recita del Santo Rosario non si tratta di ripetere delle formule, quanto piuttosto di entrare in colloquio confidenziale con Maria, di parlarle, di manifestarle le speranze, di confidarle le pene, di aprirle il cuore, di dichiararle la propria disponibilità nell’accettare i disegni di Dio, di prometterle fedeltà in ogni circostanza, soprattutto in quelle più difficili e dolorose, sicuri della sua protezione, convinti che Ella ci otterrà da Suo Figlio tutte le grazie necessarie alla nostra salvezza. (Giovanni Paolo II, Angelus del 26 ottobre 1997)

Dalla lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae…

Il Rosario della Vergine Maria, sviluppatosi gradualmente nel secondo millennio al soffio dello Spirito di Dio, è preghiera amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero. Nella sua semplicità e profondità rimane, anche in questo terzo millennio appena iniziato, una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità.

Essa ben s’inquadra nel cammino spirituale di un cristianesimo che, dopo duemila anni, non ha perso nulla della freschezza delle origini, e si sente spinto dallo Spirito di Dio a “prendere il largo” (duc in altum!) per ridire, anzi “gridare” Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come “la via, la verità e la vita” (Gv.14,6), come “traguardo della storia umana, il fulcro nel quale convergono gli ideali della storia e della civiltà”.

Il Rosario infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico.